Il taglio di Porto Viro (1600-1604)

Il Po, in particolare il suo Delta, costituiva una fonte di preoccupazione per la Serenissima già dalla metà del ‘500. Il rischio di insabbiamento della Laguna, provocato dal ramo di Tramontana e, verso la fine del secolo, la concorrenza commerciale dello Stato Pontificio sul Po di Goro e sulla grande insenatura detta Sacca di Goro, dove questo ramo sfociava, portano il Senato veneto a decidere di deviare il corso del Po verso sud tramite il Taglio all’altezza di Porto Viro. Dopo il Taglio in pochi anni si formano nuove terre e nuovi rami del fiume. I nuovi terreni alluvionali, anche se poco ospitali perché formati per lo più da paludi e canneti, vengono rapidamente e prontamente venduti dalla Serenissima e acquistati prevalentemente da casati patrizi veneziani che provvederanno poi a bonificarli rendendoli produttivi.

“Hoggi alle ore 19 con il favor del Sig. Dio si ha data l’acqua al novo taglio la qual vi è entrata per 50 e più aperture che si sono fatte nel medesimo tempo all’argine, et dopo aver fatto un poco d’empito in spazio d’un’hora in circa si parizò con l’altra acqua dell’alveo e continua il suo corso come fa tuttavia placidissimamente. Piaccia al Sig. Dio come ha principiato a correre con molta felicità cosi continui per sempre et nella escrescenza di Po portandovi quelle maggiori acque che si spera apporti a V. S.ta qual servizio che è desiderato a beneficio publico e dei particolari ancora”.
(ASVe, Provv. Sop. Camera dei Confini, b. 83).

Con queste parole il Provveditore Zane annunciava la fine dei lavori: era il 16 settembre 1604. I lavori erano iniziati nel 1600, dopo un dibattito durato mezzo secolo.

Dopo il Taglio, effettuato presso Ca’ Zen, si interra la Sacca di Goro, e progressivamente si interrano, o vengono chiusi, molti dei vecchi rami: Fornaci, Tramontana, Scirocco, e le acque scorrono attraverso il nuovo corso lungo 7 km, che corrisponde al corso attuale (Po di Venezia), prolungatosi ulteriormente nel mare.

Taglio di Porto Viro: anni 1600 – 1604

L’escavo del nuovo canale (1600-1604) innescò una serie di processi del tutto unici rispetto all’evoluzione dell’entroterra veneto. Primo fra tutti creò nei casati veneziani possidenti un senso di insicurezza circa l’esito e le conseguenze che un’opera idraulica di tale portata poteva comportare sia per coloro le cui tenute erano direttamente interessate dal tracciato del nuovo alveo, sia per tutte le altre. Nessuna certezza, infatti, emergeva circa l’equilibrio idrogeologico. E non è certamente un caso che rare famiglie patrizie intraprendano operazioni di bonifica in quel periodo, a eccezione di quelle presenti già prima del Taglio di Porto Viro nei territori limitrofi, laddove sono tutt’oggi ancora visibili molte Ca’ – in lingua veneta significa casa – sia intesa come edificio che come casata-.

Mappa che si trova presso il Castello di Ferrara e che presenta i “siti usurpati” da Venezia con il Taglio di Porto Viro 

La realizzazione del Taglio non comportò solo problematiche di natura idraulica ma innescò una difficile tensione diplomatica e militare con lo Stato Pontificio che non si rassegnava alla perdita di influenza su questi territori. Nei primi mesi del 1631 natanti veneziani armati incrociavano dinanzi alla bocca di Goro le imbarcazioni ferraresi e le costringevano a dirigersi verso i dazi marciani e la stessa strategia veniva applicata lungo il Po della Donzella. Contro tali comportamenti il Legato pontificio a Ferrara – cardinale Pallotta – provvide dapprima a far pattugliare le rive e l’anno successivo all’edificazione di un forte sull’isola del Polonio, il forte Bocchetta.

La risposta veneziana non si fece attendere e nel 1633 le milizie greco-albanesi al servizio della Dominante poterono disporre di un fortino sull’isola del Cavallo a circa cinquecento metri da quello pontificio, il forte Donzella (ASVe, Provv. Sop. Camera dei Confini, bb. 69, 94, 95, 328).

La crisi sfociò in un aperto scontro armato che si protrasse dal 26 maggio 1643 al 31 marzo 1644. Si arrivò infine al trattato veneto-pontificio del 1749 che concluse il contenzioso. In esso venne stabilito il confine definitivo segnato da cinquanta pilastri in muratura recanti “…dalla parte dello Stato della Chiesa le armi pontificie e dalla parte dello Stato veneto quelle della Repubblica…” (A. Tumiatti, 2014).

Giacomelli (1751)

 

Infatti, nonostante i contrasti per i confini, man mano che crescevano le terre emerse dalle acque si è realizzato un progressivo insediamento umano, con l’affermarsi di paesi prima inesistenti o di scarsa consistenza: Rosolina, Taglio di Po, Porto Viro, Porto Tolle. Questo processo di occupazione dei nuovi terreni ha visto protagoniste grandi famiglie patrizie veneziane che, avendo acquisito dalla Repubblica veneta le nuove terre, chiamate “alluvioni”, terre sottratte al mare dai detriti alluvionali del Po, hanno lasciato un’impronta profonda nel Delta.

Porto Viro’s Cut Off
The river Po had been a source of concern for the Serenissima as early as the mid-16th century. The risk of silting up the Lagoon due to the Tramontana branch and, towards the end of the century, the commercial competition of the Papal State on the Po di Goro and on the large inlet called Sacca di Goro (where this branch flowed) lead the Venetian Senate to decide to divert southwards the course of the Po, through a Cut Off at Porto Viro. This artificial deviation of the main course took four years to be carried out (from 1600 to 1604). New lands (a triangle that juts into the sea) and new branches of the river were formed in a few years. The Delta of the Po became a unique territory in Italy, given that in no other case a territory of this size had been created from scratch in such a short time.