Ca’ Tiepolo

Porto Tolle, località Ca’ Tiepolo, via G. Matteotti, 282. Di fronte alla sede municipale.

Proprietà privata. In stato avanzato di ristrutturazione.

Una lunga fila di edifici, dai profili verticali irregolari, costeggia il lato destro, quello dirimpetto all’argine del Po di Venezia, della strada che unisce Ariano e Taglio di Po a Scardovari. Sull’altro lato una serie di manufatti, certamente più recenti, si sviluppano paralleli ai primi lungo lo stesso asse viario. L’insieme di queste due realtà, a cui si è aggiunta in tempi molto più recenti un’anonima edilizia residenziale, costituisce la località denominata Ca’ Tiepolo, sede municipale di quello che fino a pochi anni orsono era il Comune con estensione maggiore dell’intera penisola, Porto Tolle, un tempo noto come S. Nicolò. Quella monotona fila di edifici è ciò che resta oggi del complesso rurale dei Tiepolo; nonostante una miriade di stratificazioni subite dai vari manufatti, un aspetto peculiare emerge dall’impianto dell’intero complesso: esso non si apre sul Grande Fiume, ma verso la campagna, cosa inconsueta. Quanto ai singoli edifici parrebbe di scorgere certi elementi originali nella barchessa, quali l’altezza, il ricorso per le arcate all’arco ribassato già presente in Ca’ Pisani, e forse nella piccola cappella sulla destra della facciata. Le due fabbriche laterali sembrano essere il risultato di forti rimaneggiamenti otto-novecenteschi che hanno cancellato completamente qualsiasi riferimento alla corte che certo doveva esser presente nell’impianto originario.

 

Cenni storici

Le vicende storiche che vedono i Tiepolo presenti nel Basso Polesine ebbero inizio con la loro partecipazione all’asta del 1657…

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In tale occasione Marin Tiepolo da S. Aponal si aggiudicò le terre su cui sorgerà l’attuale Ca’ Tiepolo, più una presa di campi incolti 346 per una estensione di pertiche 220 padovane sul Po della Donzella. Francesco fu Marino il 14 dicembre  1680 decide, dettando le sue ultime volontà, di inglobare questi beni nella primogenitura istituita da Giovanni Tiepolo, fratello di Marino: non si doveva trattare certamente di proprietà di scarso valore e certamente queste assicuravano una rendita sicura anche se non immediata, grazie alla politica avveduta della casata patrizia veneziana nella gestione delle sue tenute agricole deltizie e nel loro sfruttamento che seguiva o andava di pari passo con il recupero di eventuali strutture preesistenti e la creazione di edifici per i lavoratori in genere affidato agli affittuari con evidente vantaggio reciproco visto che i fratelli Francesco e Lorenzo, figli di Marino, pur di affittarla, si impegnano a dotare il terreno di una casa di muro realizzata sulle indicazioni dei conduttori, per una spesa di 225 ducati, circa otto volte superiore al canone richiesto. Questa elargizione in realtà non è affatto filantropica né un investimento miope, ma piuttosto una lucida speculazione che permetterà in prospettiva di averne una notevole rendita, grazie alle clausole legate alle opere di bonifica cui i conduttori saranno tenuti: scavo di due “scoladori” e piantumazione di alberi e viti in modo che questi con le loro radici compattino il terreno; si prevedono nell’atto tempi e modi per rendere produttive terre di recente formazione alluvionale, che al momento richiedono solo investimenti, ma che un domani renderanno molto, tanto che si darà vita ad una gestione in parziale economia, ma che pone le basi dello sviluppo di un articolato complesso rurale. Si dichiara con la presente scrittura [privata] Affittanza qual debbi havere forza come se fosse fatta per mano di Pub. co Nodaro di questa Città come l’Ill.mo et Ecc.mo s. Fran. co Tiepolo fu del Ill.mo s. Marin per nome suo et dell’Ill.mo Lorenzo di Lui fratello, affitta al s. Nicolò Scaramucini et m. Bastian Fenato Una presa di Campi n* 346 e di larghezza pertiche 220 padovane…con patto però che li detti NN.HH. Tiepolo debbino fabricarli sopra una casa di muro coperta di Coppi nelle conformità desiderano li medesimi ma che non ecceda la spesa di D. doicento venticinque. Una riprova della continuazione di tale spirito pionieristico intrapreso tra la fine del Seicento e la prima metà del secolo successivo la si ha nella primavera del 1787 allorquando Alvise Tiepolo di Francesco inoltra all’Officio ai Beni Inculti due suppliche per prelevare acqua ad uso di risicoltura, e ancora con il figlio, Domenico Almorò che divide  la zona da bonificare in un certo numero di piccoli appezzamenti dotandoli di una casa e di un casone e accollandosi l’onere delle spese di ordinaria manutenzione dei manufatti, ricevendone in cambio un’esigua pigione unita però all’obbligo ancora una volta da parte del conduttore di “migliorare” il fondo. Le vicende successive alla caduta della Serenissima vedono i Tiepolo, parimenti a quasi tutti i casati veneziani, cedere le proprie tenute nel Basso Polesine alla borghesia emergente e nel nostro caso ad Angelo Papadopoli di Nicolò, grande banchiere e mecenate immigrato da Corfù, che nel 1825 acquisterà per 13.000 lire italiane gli oltre mille ettari dei possedimenti Tiepolo. Da questi il complesso, identificabile col mapp.1055 del foglio 41 del Catasto austriaco, passerà al fratello di Angelo, Giovanni, che sposerà nel 1832 la fiorentina Maddalena Aldobrandini da cui avrà Nicolò (1841-1922) e Angelo (1843-1919), entrambi patrioti che nel 1859 fuggono dal Veneto con la madre per rifugiarsi in Piemonte. A loro passerà la tenuta alla  morte del padre avvenuta nel 1862.

Curiosità

Antonio (1595-1616), figlio di Francesco di Alvise Procuratore, fratello di Marino, l’acquirente dei terreni deltizi, muore giovanissimo a Veggiano (Padova) ucciso da un colpo di moschetto sparato per errore da un soldato mentre “facevan le mostre come sopravicecomito” a bordo della galera del fratello Lorenzo. Alvise, fratello dei precedenti, morì nel luglio 1644 mentre era Provveditore in campo in Polesine, in occasione dei tanti scontri armati che si svolsero sul finire della prima guerra di Castro tra i Farnese di Parma e i Barberini e che avevano coinvolto nel 1643 anche Venezia. Gli schieramenti opposti veneziani e pontifici si erano attestati proprio attorno ai forti della Donzella (veneziano 1633) e della Bocchetta (pontificio 1632), nei pressi dell’attuale sito del Museo regionale della bonifica di Ca’ Vendramin. Gli scontri si conclusero il 31 marzo 1644 con la pace di Venezia che avrebbe imposto la distruzione delle due fortificazioni poste a mezzo miglio di distanza l’una dall’altra. 

Galleria

Una storia secolare

Tiepolo da S. Aponal

Marino, figlio di Francesco del ramo di S. Aponal, acquista all’asta del 1657 i terreni dove insedierà una promettente azienda agricola e vi costruirà la casa padronale. I beni poi passeranno al figlio Francesco (1636-1680), che prenderà in moglie Lucrezia Corner di Federico e ne avrà tra gli altri Alvise (1670-1698). Dei figli di questi e di Lucrezia Mocenigo, solo Francesco erediterà la tenuta passandola poi, alla sua morte, ai figli avuti dalla moglie Cornelia Mocenigo di Alvise, Giovanni Domenico e Alvise, nati rispettivamente nel 1726 e 1727. Da quest’ultimo la casa passerà al figlio avuto da Elisabetta Badoer, Giovanni Domenico Almorò e successivamente ai figli di questi che nel 1825 cederanno la proprietà ad Angelo Papadopoli di Nicolò. 

 

M. Barbaro, Arbori di Patritii veneti, 1751-1800 (Genealogie Barbaro), ms in ASVe, Miscellanea Codici, 4966. 001. Serie Storia veneta bb. 17-23. Particolare dell’albero Tiepolo.

Papadopoli

Famiglia originaria dell’isola di  Candia che nel sec. XVI passò a  Corfù. Sul finire del sec. XVIII i fratelli banchieri e imprenditori Angelo (1772-1833), Spiridione e il ricchissimo Giovanni (1786-1862), si portarono a Venezia, San Polo, dove Angelo ottenne la cittadinanza nel 1791, nobiltà confermata nel 1821 e accresciuta col titolo comitale nel 1858. Degni di menzione sono soprattutto i figli di Giovanni, Nicolò (Venezia 1841 – Roma 1922), volontario coi Lancieri d’Aosta nel 1859 e nell’esercito italiano nel 1866, eletto alla Camera con la Destra storica nel 1874 e senatore dal 1891, che nel 1905 ottenne l’autorizzazione di aggiungere al cognome di P. quello materno di Aldobrandini, e Angelo (Venezia 1843 – Roma 1919), grande bonificatore, patriota insieme al fratello nel 1859 e 1866, deputato dal 1880 per quasi 30 anni, fautore della rinascita agricola del Polesine. I Papadopoli avevano acquisito sempre dai Tiepolo tra tantissimi altri beni in Basso Polesine anche quelli di Retinella, che sarebbe divenuta grazie all’intelligente opera dell’amministratore Carlo Bisinotto, tra il finire dell’800 e i primi decenni del secolo successivo un modello invidiato e imitato tanto da conquistare una preziosa medaglia d’argento alla grande Esposizione mondiale di Parigi 1878 con modelli e progetti innovativi della tenuta.

 

 

Scheda a cura di: Lara Girotti